[Racconto già pubblicato su Specularia Numero Zero]
Mariana
Mariana immagina di cavare animali dalla carne: dal fianco un ragno, dal seno una labrena, dal braccio blatte e insetti. Le membrane che rivestono gli animali sono lisce, trasparenti e autopulenti. O almeno è così che vengono presentate sul sito aziendale, sulle pagine social, nelle sponsorizzate, sulla cartellonistica pubblicitaria di tipo dinamico o statico.
Uno dei cartelloni di tipo dinamico si trova lungo il percorso che Mariana fa di frequente per raggiungere la casa di Rio. La casa è in fondo a destra rispetto all’uscita della grande rotatoria da cui partono le arterie autostradali verso ovest.
Rio sta al secondo piano del palazzo verde salvia. In precedenza, il palazzo era grigio, ma grazie ad alcuni fondi statali stanziati per rilanciare l’economia, la maggioranza dei proprietari degli appartamenti ha deciso per la variazione di colore, la demolizione di muri divisori, l’ammodernamento degli impianti idrici e di riscaldamento. Il Paese sta cambiando, nelle città riverbera una bizzarra voglia di trasformazione, le persone hanno iniziato a credere nella ristrutturazione per gli oggetti e nelle incorporazioni per sé stessi. Confidano nella bontà dell’azione puntuale per superare nevrosi e paure. Nel cartellone ci sono delle persone tristi, queste persone tristi tengono i palmi delle mani rivolti verso l’alto in attesa delle membrane che stanno lì, e scendono chissà da dove; nella scena dopo sono felici e indicano la parte del corpo con la membrana innestata. Mariana crede che chi ha ideato la campagna si sia ispirato alle immagini sacre, alla potenza della luce divina: le membrane discendono in terra come lo spirito santo, la loro efficacia è la luce, solo la luce.
Mariana ha visto quel cartellone e si è data nove giorni di tempo per decidere se inoltrare o meno la richiesta. Come al solito.
È sempre stato così: ogni decisione per lei necessita di nove giorni di riflessione, liste, associazioni e credenze familiari. Sua madre e sua nonna le hanno insegnato a confidare nelle coincidenze: se durante quel periodo il mondo avesse lanciato altri segnali, avrebbe inoltrato la richiesta; in caso contrario sarebbe stata aperta ad altri percorsi.
A volte i nove giorni diventavano un luogo altro, solo suo, in cui sospendeva l’attitudine a passare attraverso le cose così, quasi in modo fluido, e scoprirsi attenta e concentrata. In quel luogo – nella sospensione – ogni singola parola, ogni singolo oggetto, ogni singolo stimolo si stagliava dallo sfondo e aveva la sensazione precisa di essere lucida. Altrove, quella sensazione sarebbe stata più simile alla dissociazione, per lei, invece, era l’unico modo per vivere.
Mariana è ogni giorno da Rio.
Ha deciso di capire cosa sia quel formicolio che sente alla base della nuca, simile al fastidio. Rio la tocca, la bacia, la penetra, usa anche degli oggetti, un poco per gioco un poco perché hanno parlato della questione e il pensiero che l’inserimento di materia inerte potesse trasformare il formicolio in sensazione è sbucato quasi inevitabile.
I pensieri sono così. Inevitabili. Si muovono lungo catene di associazioni, ogni pensiero apre al successivo e poi a un altro ancora. E allora gli oggetti, e allora anche altre persone chiamate a guardare, a toccare a partecipare a penetrare a lasciarsi toccare guardare penetrare, lungo catene di chiamate e invii e porte che si aprono e finestre che si spalancano, tutti a capire cosa sia il piacere, cosa sia il formicolio, che dalla base della nuca prende al ventre alla gola al petto.
Un giorno, non sappiamo con certezza quando, Rio e Mariana hanno attivato la webcam e invitato qualcuno, quel qualcuno ha attivato la propria webcam e così ancora fino alla creazione di una catena sintetica e ampia. E le risate c’erano state e c’era stato anche un certo grado di godimento. C’erano i fluidi, c’era la pelle, non c’era sangue, non c’era quella brutalità legata alla costrizione, ogni gioco era vivido e vitale per quanto meccanico. Erano diventati appuntamenti a tempo da inserire in calendario, che fossero solo Mariana e Rio o invitassero altre e altri – alcuni in collegamento preferivano eccitarsi osservando; altri cercavano la saliva e le mucose – erano riusciti tutti a incastrare i giochi nella propria griglia di impegni. E Mariana sa che in una data precisa ora deve sentire e capire cosa e come sentire perché Mariana, di fatto, non sente mai nulla.
E allora immagina di cavare una labrena dal seno, un ragno dal fianco, di infilare le dita nel canale per le membrane creato fra i tessuti e i nervi e sistema vascolare.
E si chiede: chissà cosa sentirà da dentro e chissà come faranno a spostare il sangue.
Rio
Rio ha preso un appunto sulla sua agenda. Usa ancora quelle cartacee perché teme il giorno in cui scorderà di ricaricare il dispositivo e perderà l’accesso al proprio calendario. Sceglie il canale dei documentari sulle incorporazioni. La scelta non è casuale, sa che sta arrivando Mariana e spera che vedendo il servizio possa convincerla a sottoporsi all’intervento. È l’ultima possibilità che dà ai loro giochi. Non perché sente che stiano perdendo leggerezza e vitalità, ma perché crede che i giochi siano diventati poco variati. La bacia, la tocca, la penetra, la spoglia, la morde, invita qualcuno, poi quel qualcuno è diventato frequente, quel qualcuno è diventato Gaia, Gaia che guarda, poi invita Gaia a raggiungere la casa e diventa Gaia che si fa toccare e lecca e si fa mordere, poi Gaia decide di portare Miller e allora la noia fatta di corpi e di azioni anche quando Miller si è infilato fra le sue, di gambe, e Rio non ha capito cosa stesse accadendo.
Solo nell’incorporazione, la possibilità di variare. Se lo erano promessi una sera: non si sarebbero mai annoiati. Avrebbero cercato sempre nuovi modi. La sera della promessa erano nel bosco poco distante da casa di Rio. Rio adorava quel bosco, le aveva detto che se ci fossero andati sarebbe stato un salto nel loro rapporto. Mariana, come al solito, si era affidata. Per lei stare nel flusso delle cose, delle azioni, era l’unico modo di vivere. Per Rio evitare la noia, era l’unico obiettivo possibile per essere capace di vivere.
Rio vuole vedere un serpente nella pancia di Mariana, o una blatta nel suo labbro per sentire la blatta muoversi mentre la bacia, vedere una labrena arrampicarsi sulla schiena mentre la penetra da dietro, o un’ape nella fica per poterla cavare ogni volta che vuole, infilando le dita nella carne tenue e molle.
La immagina che sorride, e immagina una coccinella camminare lungo i canali del viso, giù fino al collo, per risalire verso l’occhio, sostare sulla sclera e farsi iride.
Enrica e la musofobia: incorporarsi un toporagno nano
Enrica ha ventisette anni.
È bella in modo non convenzionale. Forse le guance sono troppo piene e rosse, ma gli occhi sono verdi e questo basta.
Indossa un vestito sottile che non le segna il corpo. Ha studiato presso l’Istituto Professionale Statale per i Servizi Commerciali e Turistici. Ha lavorato per aziende gestendone i processi amministrativi e commerciali. Il datore di lavoro ha sempre parlato di Enrica come di un’impiegata ligia al dovere, ma troppo impaurita. La paura rende le azioni poco efficaci, la paura diminuisce la stima di sé. Per evitare di perdere un’impiegata di valore, durante una riunione, il consiglio di amministrazione ha discusso sulle azioni da intraprendere per sbloccare i nodi di paura di Enrica.
Dopo aver invitato Enrica a prendere visione della procedura e inoltrare la richiesta per l’intervento, la donna ha deciso per l’incorporazione e la prospettiva di vita e lavorativa ha subito un salto di qualità considerevole già entro le prime tre settimane.
Enrica non ha più paura.
Enrica
Quando i miei capi mi hanno proposto l’intervento, ho pensato che tenessero davvero al mio lavoro. Dopo la richiesta ho avuto cinque incontri con la Dott.ssa XXX (abbiamo censurato il nome della professionista per ragioni che non dipendono dalla nostra volontà, n.d.r.). Ma mi sono resa conto che la Dott.ssa proiettava su di me solo altre paure. Quindi ho richiesto di cambiare professionista “voglio un altro dottore della testa”, ho detto. Voglio dire: la decisione è mia. Devo superare la mia paura, per lavorare bene, per stare bene con la mia famiglia, i miei amici. La paura non mi faceva rischiare, i miei capi volevano che non pensassi alle conseguenze delle mie azioni, volevano che riuscissi a creare delle visioni in cui l’uomo è solo una funzione o uno strumento. Gli strumenti li puoi sostituire, ed è vero! Allora con il nuovo dottore, ho capito che dovevo andare a capire la madre delle paure. Quella che ha creato tutti i miei nodi. E l’ho vista: la musofobia. È venuta fuori questa storia di me e della mia migliore amica dell’epoca, quando eravamo piccole, tipo nove o dieci anni. Eravamo nel vicolo vicino casa nostra e c’era questo topo enorme che mangiava, ma non capivamo cosa mangiava, cioè pensavamo del cibo sputato fuori dai sacchetti della spazzatura che stavano marcendo per strada, ma poi ci siamo avvicinate e stava mangiando la pancia di un altro topo. C’era questo mucchio di spazzatura in fondo al vicolo di casa mia, e questo topo mangiava la pancia di un altro topo, mio dio! Sognavo quel topo salirmi sulle gambe e poi su verso la faccia, mi mangiava la faccia, il naso, le guance, mi mangiava la faccia e poi alla fine anche la pancia, ma la mangiava dall’interno. E ora la mia paura è qui, nella coscia (Enrica solleva la gonna e mostra l’interno della coscia destra, non è molto distante dall’inguine: vediamo la pelle tendersi per i movimenti del toporagno nano n.d.r.). So che sembra strano e so anche che quando cammino, se si muove troppo, mi crea disagio, ma se mi concentro e stringo le cosce, il movimento lo sento arrivare fino all’inguine e quando arriva fino all’inguine…
Sì, non ho più bisogno di niente e nessuno, ho il mio topo nella coscia.
Non ho più paura di nulla.
Ludo, amica di Enrica
Da quando ha la membrana non ha più neanche paura di fare arrampicate!
Mi dice che non ha più paura neanche delle altezze e del vuoto.
È impavida, proprio impavida.
Albe, collega di Enrica
Al lavoro è diventata bravissima: analizza, stila report, elimina i problemi.
“I problemi hanno nomi e cognomi”, dice
Io so che l’indice di produttività è aumentato.
Dott. Toi, mental coach di Enrica
L’uso delle membrane è una soluzione a problemi psicologici di varia natura.
Disforie percettive, nevrosi, fobie invalidanti.
L’innesto della membrana ha eliminato la madre delle paure di Enrica, con conseguente miglioramento della qualità di vita.
Dott.ssa XXX, ex-psicologa di Enrica,
Non credo nella bontà delle membrane intramuscolo e sottopelle, temo che le percezioni di Enrichetta siano compromesse.
La Dott.ssa XXX ha deciso di non rivelare l’identità, per una questione legata a chissà che tipo di serietà e deontologia.
Ci chiediamo quanto possa essere autorevole il parere di una donna che usa un nomignolo per appellare la propria paziente, sminuendo la stessa agli occhi di tutta la redazione, della famiglia, degli amici. Per dovere di cronaca dobbiamo mantenerne la testimonianza, ma crediamo sia giusto avvisare che la donna alla fine dell’intervista è stata vista accoppiarsi con il nostro operatore. L’operatore ha dichiarato che la donna, dopo l’atto, ha minacciato di denunciarlo per molestia e abuso. Al momento della messa in onda dell’intervista, la Dottoressa XXX è tenuta sotto osservazione e verrà sicuramente radiata dall’albo: è stata formulata per lei una diagnosi di pseudologia fantastica.
Enrica
Sono solo dispiaciuta di essere stata una delle prime e di non aver potuto scegliere l’opzione della creazione dei canali. Se Brando (iltoporagno, n.d.r.) potesse muoversi lungo il corpo…
Enrica ammette che le piace aver superato le sue paure e aver amplificato la gamma delle proprie sensazioni. E chissà che non riesca ad aggiornare l’operazione che prevede la creazione sottopelle di speciali canali attraverso i quali le membrane innestate possano muoversi. La tecnologia è resa possibile dalle nuove membrane plasmatiche simili alle cellulari. Gli animali innestati sono immersi in un brodo di organuli capaci di eseguire le diverse funzioni metaboliche. Gli animali diventano sempre più simili a feti, ma a differenza dei feti la loro dimensione è controllata dalla membrana stessa che ne impedisce crescita ed evoluzione.
Rio
Guardano il servizio su Enrica sdraiati sul letto. Rio finge che la storia non sia di suo interesse. Mariana pensa sia meglio iniziare a spogliarsi e parlarne, sa che se Rio non ha cambiato canale ha voluto che lei vedesse, sa che le spetta intercettare un desiderio.
«Tu che ne pensi?»
«Di cosa?»
«Le incorporazioni, dico».
«Io non penso nulla».
«Ma se lo facessi?»
«Perché no?»
«Cosa?»
«Intendo che se ti va di farlo, perché non farlo? Magari è una giusta decisione».
«Magari».
«Chiamiamo Miller? Se vuoi anche Gaia…»
«No, va bene chiamare solo Miller».
Rio non ha bisogno di comporre alcun numero, sa che Miller è già per strada, salirà come al solito evitando di prendere l’ascensore perché ha timore che possa bloccarsi, e sa che come al solito appena entrerà in casa si avvicinerà alla bocca di Mariana e le chiederà se sente ancora solo il formicolio alla base della nuca e se quel formicolio scende giù, fino alla gambe, fra le cosce, nel ventre. Le chiederà se finalmente sa di essere eccitata.
Le incorporazioni: come fare richiesta?
Chi è interessato a effettuare la procedura comunemente detta di INCORPORAZIONE, può inoltrare una richiesta formale tramite piattaforma dedicata. La piattaforma stilerà una lista delle persone che saranno di volta in volta chiamate presso la sede dell’ufficio comunale di competenza entro massimo le 72h, passate le quali chi ha inoltrato la richiesta non può più effettuare l’annullamento dell’istanza.
L’Utente interessato alla procedura verrà convocato presso l’ufficio comunale competente. Qui, alla presenza dell’impiegato scelto annualmente dall’Ente, potrà essere effettuata la compilazione del modulo. In molti hanno richiesto l’uso della firma digitale, ma l’Ente vuole che ci sia un testimone per le dichiarazioni che riguardano:
- innesti membrane o incorporazioni;
- riti matrimoniali e funebri;
- cambio attività e residenza.
Le incorporazioni sono state introdotte per permettere un rapporto con il corpo più diretto; per risolvere problemi di natura nervosa e traumatica; per amplificare la gamma di sensazioni; per rilassare le proprie tensioni e aumentare le proprie prestazioni lavorative, relazionali, affettive.
L’INCORPORAZIONE è la risposta dell’Ente alle sollecitazioni delle diverse organizzazioni rappresentative delle imprese. Le imprese hanno bisogno di lavoratori saldi, capaci di aumentare le proprie prestazioni, decisi ad agire sul proprio corpo per sentirsi soddisfatti e felici.
L’Ente non sosterrà le spese mediche necessarie per stabilire se l’Utente sia adatto per l’intervento – è previsto un ciclo di cinque incontri con psicologo o mental coach – né le spese della procedura di incorporazione. L’Utente seguirà l’iter, incontrerà lo psicologo, non c’è bisogno di alcun via libera medico, perché l’INCORPORAZIONE non incide su:
- temperatura corporea;
- battito cardiaco;
- pressione arteriosa;
- frequenza respiratoria.
L’Ente deve ratificare solo l’avvenuta operazione, non ha alcuna responsabilità rispetto alla riuscita o agli effetti sulla psiche di chi decide di effettuare gli inserimenti.
Mariana
Il sito dedicato all’intervento era abbastanza chiaro rispetto alle procedure burocratiche da seguire e la scelta delle opzioni di incorporazione. Per il momento le opzioni sono due: la procedura semplice/base che consiste nell’innesto di massimo tre membrane; la procedura detta “con canali” che prevede la creazione di canali sottopelle nei quali le membrane possono muoversi liberamente. In fondo al modulo, in piccolo, è specificato che in base alle innovazioni della tecnologia medica e biologica, l’azienda si riserva la possibilità di inserirne altre.
Mariana legge tutto, anche le note a fine documento, anche i codici che linkano il sito principale. Prima di inoltrare la richiesta ha anche raccolto le testimonianze nei forum. Si è resa conto di leggere con più interesse i racconti relativi alle sensazioni più impudiche.
In queste testimonianze, parlavano di “solletico”, di “pulsazione”, di una generica gradevolezza. Un ragazzo aveva delle formiche dietro il ginocchio e una mosca vicino l’inguine; una ragazza aveva deciso di incorporare un pipistrello calabrone poco sotto l’ombelico e di lasciare un canale aperto fra il ventre e la schiena, quando le hanno chiesto perché non avesse allungato il canale verso i genitali, ha risposto che non ci aveva pensato.
L’inserimento di animali ancora in vita è fra le opzioni quella che più le interessa.
Inserirà una labrena, nel seno, anche se Rio le ha confessato che vorrebbe vederne una muoversi lungo la schiena, di vederne una nella sua bocca, che le tende la pelle delle guance e le smuove le labbra.
Rio
«Io voglio vederlo, come quella donna lì» dice Mariana, allora Rio mostra i palmi delle mani. Si mostra rispettoso dello spazio di lei. Non vuole sembrare troppo preso ed entusiasta. Eppure, sa che il solo pensiero del corpo di Mariana inciso, violato, mutato, potrà farlo eccitare di più. Eccola la noia che andrà via, che non lo prenderà nei momenti di pausa, la noia che si allarga, prende consistenza. La noia che riempie i polmoni, mucosa fluida che gli impedisce di respirare bene e che lo aggancia a letto e gli fa percepire il peso dei muscoli e degli abiti. E solo quando pensa alla possibilità di una pelle che si squarcia, a una bocca che si riempie, alle urla umide di Mariana, la noia si trasforma e Rio si sente privo di muscoli e polmoni, si sente capace di fluttuare sul letto. E pensa che se Mariana deciderà per l’incorporazione di un animale vivo, allora sarà perfetto. Le stringerà il seno, sentirà fra le dita la labrena, vedrà come l’animale tenderà la pelle, e se anche Mariana dovesse farsi male, a Rio piacerà, piacerà di più.
L’ultima volta ha sognato di accoppiarsi con la donna che ha il pipistrello fra l’ombelico e la schiena. Ha sognato il pipistrello rompere la membrana e ficcarsi nella carne, ha sentito il rumore delle fibre che cedono all’animale, la donna con la bocca spalancata e la lingua che diventa enorme, l’ha vista iniziare a sanguinare e ridere mentre il pipistrello risale su, rompendo le pareti di tessuti, nervi e mucose, ed è sulla lingua, il pipistrello, è umido e non riesce a spiegare le ali che sono impiastricciate e unte. L’attimo dopo l’animale si avvicina alla sua, di bocca, e scende giù per la gola fino allo stomaco e nel sogno Rio e la donna sono ancora abbracciati, incastrati, gambe fra le gambe, fiato contro fiato, fino a quando Rio sente il suo stesso ventre collassare dall’interno, e mentre il sapore del sangue si mischia al sudore e al muco, ecco Rio che sorride. Quando si è svegliato era ancora buio.
Mariana
«Abbiamo prodotto documenti per contrastare la pratica, ma gli Enti non si sono neanche interessati di smontare le argomentazioni e i paper. Ignorare è la strategia scelta. Il movimento degli animali nel corpo è una dipendenza. Rompiamo le membrane.»
Da giorni le aperture dei canali televisivi e dei siti informativi sono dedicate alle dichiarazioni dei firmatari del Manifesto Animalia e alle notizie relative alle manomissioni.
L’impianto dell’azienda della provincia più a nord del Paese è stato compromesso: le membrane sono state rotte sul serio e circa un milione di blatte cresciute a biscotti col cioccolato e frutta zuccherina e pronte per le membrane, si sono riversate per le via della città.
Mariana legge che le blatte scricchiolano schiacciate, si arrampicano su per le gambe, si infilano nei tombini, entrano nelle bocche e nelle orecchie dei bambini, riempiono le pance e le rompono e schizzano ovunque.
Un milione di blatte. Ha letto che un milione di blatte corrisponde a 102 kg di uova. Uova che si schiudono e diventano creature alimentate per finire in membrane autopulenti. Senza alcuna decisione, senza alcun altro fine. E poi l’imprevisto e la deviazione: quelle uova diventano creature nutrite a biscotti e frutta che si riversano per strada e libere occupano ogni spazio, ogni fessura, ogni crepa, senza alcuna decisione ma solo seguendo un flusso. Basterebbe sentire il flusso, si dice, e poi una labrena non sceglie, continua, e probabilmente il suo corpo saprà accoglierla quella labrena, e quello sarà il suo flusso, il flusso della labrena, che si riverserà nei canali dal seno, giù verso l’ombelico e sempre più giù vicino alle pareti della vagina. E crede che sì, è vero, non deciderà certo la labrena di rinchiudersi nella membrana e andare poi lì, fra i suoi fluidi e le carni, ma neanche quel milione di blatte ha deciso di riversarsi nei tombini, di riempire tutto, di essere schiacciate. E allora immagina come sarà infilare la labrena nel seno. Come sarà infilare le proprie dita nella carne e tirarla via dal canale, come sarà posare la membrana trasparente sul suo comodino, guardare la sua labrena, ogni sera, come l’accarezzerà, come riuscirà la sua labrena a farle sentire il proprio corpo.
Rio
Mariana è diversa. E non per quella pelle che si tende o perché rifiuta i suoi baci, ma perché ripete sempre la stessa frase, che non ha bisogno di niente, e ogni volta tocca il seno, lo stringe. E Rio pensa che quella frase l’aveva già sentita da Enrica, Enrichetta, la donna del topo, che non aveva più bisogno di nulla perché aveva il toporagno nella coscia. E ha pensato che quella dipendenza di cui parlano i terroristi che stanno sabotando gli impianti, forse, quella dipendenza è reale.
Dopo le blatte nella provincia nord, ci sono stati gli impianti di sud-est che hanno sputato vermi. Rio legge che i vermi erano risaliti su per le tubature e che le vasche, le docce, i lavandini si erano riempiti di vermi e che questi vermi hanno iniziato a brulicare giù fino al pavimento, a risalire sui letti, e sui corpi, sui corpi, i vermi. Il caso più eclatante è di Lillo, un bambino di sei mesi trovato morto perché i vermi gli avevano riempito la bocca. Vermi, vermi, vermi ovunque. Ogni settimana uno stabilimento saltava e la città brulicava, pulsava di insetti, rettili, mammiferi.
Le uniche membrane ancora intatte erano quelle innestate.
A volte notava Mariana guardare la membrana e carezzarla. Non l’aveva mai vista cavarsela dal seno, e la immaginava, Mariana, la immaginava nuda davanti allo specchio. Lei che si sfiora il seno, il braccio sinistro è dietro la nuca, il seno che si solleva e si sforma per la labrena che sottopelle gioca nella membrana, stende le zampe e Mariana chiude gli occhi, Mariana che sfiora il capezzolo e vicino al cavo ascellare inserisce un dito, due dita nel canale, si piega in avanti mentre sente le labbra lubrificarsi, le dita sfiorano la membrana, la afferra, inarca la schiena e la membrana è nella sua mano. Immagina Mariana inginocchiarsi a terra e leccare la membrana, baciarla, e mentre Mariana sente, finalmente sente, Rio si tocca, colpevole, avrebbe solo voglia di tirarle i capelli, baciarla, leccarle le labbra, infilarle la labrena nella vagina e vederla, vederla sentire…
Mariana
… e ride, mentre guarda Rio, colpevole e inerme. Mariana ride perché Rio è ormai una creatura piccola, inutile, non è neanche uno strumento, non è più una persona, non è più niente. E anche Mariana, adesso, non ha più bisogno di niente e nessuno, ho la sua labrena che le basta, che la tende, che finalmente le permette di sentire. Mariana non ha più paura di nulla, non sente di dover intercettare i desideri di Rio, le bastano i suoi, le basta guardare la labrena tenderle la pelle, muoversi fra le fibre.
E ride, Mariana, mentre affonda la mano nella carne, estrae la membrana e la morde, la morde fino a romperla, lasciando la labrena libera, finalmente libera di muoversi nella sua bocca.
L’autrice
Elena Giorgiana Mirabelli è redattrice di «Narrandom» e dell’agenzia Arcadia b&s. Suoi lavori sono in Nuvole Corsare (Caffèorchidea, 2020), L’ultimo sesso al tempo della peste (Neo Edizioni, 2020), Human/. Corpi ibridi, mutanti e fluidi nell’universo del possibile (Moscabianca Edizioni, 2021) e Club Silencio (Edizioni Arcoiris, 2022). È autrice di Configurazione Tundra (Tunué, 2020) e di Maizo (Zona 42, 2021). Collabora con la Scuola Holden.