Le consegne vengono recapitate ogni giorno dal lunedì al venerdì alle nove in punto. È tutto scritto su un foglio A4, testo in Times New Roman, corpo 12, interlinea 1.5: l’elenco dei nuovi prodotti, i risultati attesi, lo spazio per le osservazioni. È tutto lì. XX e XY aspettano seduti ciascuno sul proprio letto, alle orecchie le cuffiette ottenute da qualche test del passato, i corpi snelli in due identiche tute marroni.
«Tu che cos’hai?»
Il ragazzo si sfila una cuffia e interrompe la musica. «Come?»
«Sono usciti i fogli. Tu che cos’hai?»
Come da best practice, XX sta approfittando di quegli ultimi momenti di tranquillità per qualche piegamento sulle gambe, e mentre a voce bassa conta tre serie da trenta osserva XY raccogliere i fogli.
«Allora: maglioncini di seta, un nuovo tipo di shampoo solido fatto coi grilli, una schiuma da barba, l’ennesimo gelato ai grilli e, uhm, cinque birre.»
«Cinque?»
«Cinque, sì. È un nuovo birrificio. Fanno la IPA, la stout, la rossa, la rauchbier e la weiss. E dicono: “l’assunzione del prodotto deve essere dilazionata. Le bottiglie andranno bevute a due ore l’una dall’altra”. Tu, invece?»
XX continua con gli esercizi mattutini. Sul collo le compaiono gocce di sudore che sono piccoli diamanti sulla sua pelle diafana.
«Io oggi devo provare delle scarpe da ginnastica, e come vedi le sto provando proprio adesso, tre deodoranti, uno smalto nero che sembra fighissimo e poi, e poi ho degli arretrati di ieri. Quegli yogurt che…» si ferma, come se avesse ascoltato una parola magica. E la conosce benissimo, quella parola. La conoscono entrambi. L’hanno capito, l’abracadabra.
«Arretrati, eh?»
XY lo ripete con un sorrisetto un po’ malinconico, e con gli occhi va all’armadietto degli oggetti in sospeso. La maggior parte dei test ha una data di consegna, calcolata di volta in volta in base alla scadenza, a logiche di mercato, a rilasci programmati secondo esigenze tecniche o di marketing. Ma a volte, e raramente, a dire il vero, su alcuni prodotti i proprietari sono meno severi, e concedono ai ragazzi qualche giorno di più.
È XX ad avvicinarsi all’armadietto per prima, è lei che lo apre. La scatolina sul secondo ripiano è lì da quasi una settimana, ma sanno bene che la pazienza dei proprietari non è qualcosa che è saggio sfidare.
Dentro la scatola i prodotti sono confezionati singolarmente in una bustina di plastica, e al nome un po’ incomprensibile di “profilattici” si accompagna la ricca documentazione fornita dai proprietari:
All’attenzione di XY: tagliarsi le unghie prima di cominciare. Aprire la bustina con la premura di non danneggiare il prodotto. Appoggiarlo, ancora avvolto su se stesso, sulla punta del pene in erezione e, rimossi eventuali residui di aria, farlo aderire…
«Però qui c’è scritto, come si usa.»
«Lì c’è scritto…» inizia XY, ma subito si interrompe scuotendo la testa. Ne hanno già parlato. Ne hanno già parlato un mucchio di volte. «Lì c’è scritto come si indossa. Non come si usa.»
«Come si usa» ripete XX.
«Come si usa, sì. Non credo che i proprietari si accontenteranno di farmelo indossare.»
Il ragazzo si apre una birra, va in ordine alfabetico quando deve scegliere qualcosa e quindi comincia dalla IPA, e si avvicina alla finestra. In realtà non è una finestra vera, è soltanto uno schermo, ma di là dal vetro gli uccelli volano comunque canterini e distratti. Per un momento pensa a quanto sarebbe bello provare ad acchiapparne uno, ma poi sente come il rumore di una porta sbattere nella sua testa, e tutta la curiosità che credeva di avere rattrappisce e si spegne. Chi è nato in cattività non può concepire la fuga.
«Ehi XY.» La voce della ragazza lo riporta al biancore luminoso della stanza. «Te li ricordi quei libri che ci facevano leggere da bambini? Quelli per imparare.»
«Sì, certo che me li ricordo. Perché?»
«Ce n’era uno di biologia che spiegava il funzionamento del… del…»
«Del sesso?» completa XY con una sicurezza che non gli appartiene. Subito gli sguardi di entrambi prendono a volteggiare per la stanza. Finiscono sugli armadi, sul tavolo, sul pouf. Ovunque tranne che negli occhi dell’altro.
«Del sesso, della nascita dei bambini, del mio sangue. È tutto collegato.»
Lui fa di sì con la testa, ma è ancora più confuso di prima. Beve un altro sorso di birra. 7% di alcol in volume. 50 di IBU. Da servire preferibilmente a 8°.
«XY.»
«Dimmi DoppiaX.»
«Secondo te dove sono le persone che hanno fatto sesso per far nascere noi?»
***
Il giorno scivola verso la sera. Il tempo scorre veloce quando hai tante cose da fare. E tra test, reportistica, compilazione delle entry orarie e recensioni, di cose da fare, in un ambiente di sviluppo ce n’è sempre fin troppe.
La cena è il nuovo menu di un cuoco di una zona interna della Cina. Comprende ravioli misti alla piastra (agnello e carota, cavolo cinese, gamberetti, manzo e verdure), tofu piccante al pomodoro e orecchie di maiale. Sui vassoi, però, c’è anche una lettera. È in busta chiusa, ma XX e XY non hanno bisogno di aprirla per sapere che cosa c’è scritto. È un reminder.
Mangiano in silenzio, come l’ultima cena di due soldati in trincea, poi mettono i piatti in lavastoviglie (queste pastiglie di ultima generazione fanno miracoli) e accendono il fuoco sotto la moka (il gusto è un po’ troppo legnoso, l’affumicatura è da migliorare).
XY stappa la bottiglia di weiss e comincia a bere fissando la finestra ormai buia.
«Chissà dove sono tutti.»
La birra sa troppo di limone e probabilmente andrebbe servita a una temperatura più bassa, ma va bene lo stesso.
«Quelli che hanno fatto sesso per far nascere noi?»
In fondo non è niente male, e XX insiste tanto che alla fine XY gliene fa assaggiare un pochetto.
«Non solo loro. Tutti».
Mentre parlano, XY cerca di bere più in fretta. Non è da tanto che i proprietari gli hanno fatto conoscere l’alcol, ma oltre al gusto ne ha già scoperto gli effetti: urina più spesso, si mangia le parole, è più allegro, più rumoroso, più assonnato, più attivo. E allora beve più in fretta che può, sperando che quegli effetti miracolosi gli piovano addosso come un brutto sogno oppure una febbre. Ha paura di quello che potrebbe succedere una volta che lui e XY avranno fatto quel che devono fare, e anche se non lo sa, anche se è troppo concentrato su di sé per rendersene conto, anche XX, la sua sorellina, la sua confidente, la sua prossima amante, ha le stesse paure e lo stesso ingenuo e disperato bisogno di bere. E se non torneremo mai più ad essere quelli di prima, e se stiamo usando il prodotto nel modo sbagliato, e se non ne sarò capace, e se la deluderò, e se lo deluderò, e se scompariremo come le persone che hanno fatto sesso per far nascere noi, e se, e se, e se.
Le domande continuano a urlare, ma quando le luci della stanza si spengono, i ragazzi, senza parlare e spogliandosi soltanto del necessario, obbediscono agli ordini.
***
L’indomani mattina si risvegliano con le teste che girano e una gran sete. Ciascuno ha dormito nel proprio letto, ovviamente, e non appena gli occhi dell’una cadono in quelli dell’altro, capiscono che le domande non hanno smesso di urlare.
Si avvicinano alla fessura per ritirare le istruzioni del giorno come seguendo un istinto o gli ordini di un gigante che batte a macchina, ma non c’è nessun foglio ad aspettarli.
«E adesso?»
«Forse ci lasciamo la giornata libera. Per… per… »
XX va a chiudersi in bagno senza nemmeno aspettare la fine della frase, lasciando i puntini di sospensione alla loro agonia e XY ai suoi interrogativi.
«E adesso?»
Trascorre del tempo, quanto è difficile dirlo, e poco alla volta i dubbi smettono di sussurrare e le paure di lanciare i loro segnali d’allarme. Lentamente il lavoro livella ogni cosa. I ragazzi l’hanno imparato bene, quel che XX continua a chiamare “quella cosa”, e quando la scatola finisce e l’amore rimane, di fermarsi proprio non voglion saperne. E trascorre del tempo, ne trascorre dell’altro, e un giorno, insieme a un rossetto, un dopobarba biologico e una nuova bottiglia di gassosa, dalla fessura di fianco al filtro dell’aria compare anche una scatoletta.
«È per me» dice XX, e comincia a leggere le istruzioni a voce alta: «“All’attenzione di XX: porre la striscia contenuta nel flaconcino sotto il getto di urina; attendere qualche secondo per l’esito; annotarlo qui e restituire l’intera scatola al prossimo contatto”.»
La sua voce fa il giro della stanza e torna indietro senza essere interrotta o compresa.
«Ma che cacchio è?»
L’autore
Matteo Candeliere è nato a Torino nel 1990. Si è laureato in Psicologia e suona la chitarra in una band, Gli Alberi. Ha pubblicato racconti su diverse riviste letterarie.
Illustrazione di copertina di Carlotta Contino