J.G. Ballard: il futuro è una battaglia darwiniana tra psicopatologie

Tutto ha inizio con la strage del Pangbourne Village dell’agosto 1988. Gli abitanti di questo facoltoso complesso residenziale nella periferia londinese vengono massacrati nel giro di mezz’ora, i loro corpi ritrovati poco dopo da Scotland Yard. Si tratta di trentadue adulti tra uomini e donne, mentre dei loro figli si è persa ogni traccia.
Otto anni dopo, nella località turistica Estrella de Mar, sulla Costa del Sol, cinque persone muoiono in un incendio doloso appiccato da un uomo che subito confessa la sua colpa e non intende sottrarsi alla condanna, rifiutando ogni aiuto.
Nel 2000, Eden-Olympia, polo tecnologico nei pressi di Cannes che ospita le sedi e gli alloggi degli affaristi di alcune multinazionali, viene scosso dal raptus omicida di uno di loro, che spara ai colleghi per poi togliersi la vita.

Tre eventi di natura violenta, ingiustificati e inspiegabili, almeno in apparenza. Ad accomunarli è la radice di quella violenza, una radice comune, piantata molto in profondità nel tessuto sociale che costituisce il contesto in cui si è scatenata.
Un altro elemento che li lega è anche il fatto di non essere eventi reali. Sono avvenuti nella finzione di James G. Ballard, nella sua mente e sulle pagine di tre suoi romanzi. Non sono eventi reali, ma avrebbero potuto accadere davvero. Potrebbero ancora. Basta omettere la data, il luogo e altri dettagli specifici per ottenere un modello – o un pattern se preferite – di un genere di ultra-violenza che si ripete un po’ ovunque nella società occidentale (od occidentalizzata) dal secondo dopoguerra in poi.

Dal mondo sommerso alla Costa del Sol

James Graham Ballard, scrittore inglese classe 1930, è uno dei migliori esempi di scrittore in grado di concepire storie di finzione come veicolo per disquisizioni sociologiche, psicologiche e, perché no, filosofiche sul mondo reale. I suoi testi sono l’incarnazione della sua visione dell’attualità, cambiano e si evolvono insieme a essa diventandone un riflesso.

Sin dall’inizio della sua carriera negli anni Sessanta, Ballard si è occupato di ipotizzare cambiamenti radicali nei paradigmi umani attraverso scenari futuri e fantascientifici (Il mondo sommerso, Terra bruciata, Foresta di cristallo, Hello America); di analizzare i mass-media, la tecnologia e gli status-symbol del XX Secolo per codificarne una nuova mitologia (Crash, La mostra delle atrocità, Il condominio); di esorcizzare le tragedie personali riscrivendo la propria storia attraverso una serie di alter ego a metà tra realtà e finzione (L’impero del Sole, La gentilezza delle donne); e di una miriade di altre tematiche.

Essendo questo il corpus principale della sua poetica e della sua opera (venti romanzi e diverse decine di racconti), se ne parla più frequentemente che non delle stragi di Pangbourne, Estrella de Mar e Cannes, venute dopo. Il Ballard degli anni Novanta/Duemila viene spesso considerato il Ballard minore, ma non lo è. Tutt’altro.
Nel 1988 il germe del nuovo asse tematico che sta solleticando la mente dello scrittore emerge in Un gioco da bambini, più un racconto lungo che un romanzo. Una volta maturato ed espanso, darà origine a Cocaine Nights (1996) e Super-Cannes (2000), fino a evolversi in qualcosa di ancora diverso negli ultimi due romanzi (Millennium People, Regno a venire).

Enclave di massimo comfort

I coniugi Ballard frequentano la costa di Alicante già negli anni Sessanta. È nel corso di una di quelle vacanze che la moglie di James, Mary, muore di polmonite. I villaggi turistici della Spagna meridionale sono molto apprezzati dagli inglesi e dagli altri turisti nord-centro europei e Ballard li vive e li osserva nel corso di diversi decenni.

“Mentre guidi lungo la costa da Marbella a Malaga, o da Gibilterra a Malaga, oltrepassi questi condomini e queste tenute in stile pueblo e pensi, ‘beh, sono piuttosto bizzarre, non ci vivrei’. Ma non ti rendi conto di quanto bizzarre siano finché non ci entri. Allora capisci che migliaia di britannici, tedeschi, francesi e altra gente – molta in pensione permanente – stanno vivendo queste strane esistenze. E non mi riferisco solo alla Costa del Sol.”

Si tratta di enclave di lusso dove dominano due forze. Il comfort: piaceri e vizi sono all’ordine del giorno, ogni desiderio è in vendita, il relax è l’unico obiettivo e la vita scorre come una perenne vacanza. La sicurezza: telesorveglianza, guardie armate, badge, tecnologie avanzate che mantengono ogni cosa sotto controllo, proteggendo il diritto di ciascuno all’agiatezza e alla totale assenza di preoccupazioni.

Estrella de Mar, in Cocaine Nights, è uno di questi posti, “di fatto uno stato di massima sicurezza grande quanto un villaggio”. La vita estiva che si svolge nella località è scandita da feste, piscine, spiagge, tintarelle, sport, alcolici, stupefacenti e case ultramoderne dotate di ogni sfizio tecnologico. Ma ormai tutto questo è noia per gli abitanti, assuefatti a una routine di piaceri che non è più in grado di fornire significato alla vita. La confortevole sicurezza dei loro microcosmi (la casa, il club, la piscina, il ristorante) ha un’attrattiva superiore a qualunque opzione esterna.

Un futuro noioso

“Vedere la crescita della Costa del Sol e di posti simili nel Mediterraneo nei quarant’anni in cui li ho frequentati è come vedere il microcosmo di un futuro che ci attende tutti. […] Sta già arrivando, è già in tutta l’Europa, anche qui dove vivo io, a Londra ovest. La gente è ossessionata dalla sicurezza, a qualsiasi costo. E paghi un prezzo per averla.”

La visione di Ballard del nostro futuro è fatta per lo più di ozio e noia. Ci spegneremo progressivamente come malati terminali – ci suggerisce – sorta di fossili viventi sepolti in tecnologici santuari di fine millennio. “Abbiamo uno stile di vita stranamente interiorizzato, dove spegniamo il mondo esterno come se fosse una sorta di minaccioso programma televisivo. Lo facciamo quando diamo tutte le mandate alla porta di casa, accendiamo il sistema d’allarme e ci ritiriamo a guardare la Coppa del Mondo. […] Inscatolati in casa con le nostre attrezzature elettroniche.”

Mentre fuori migliaia di telecamere controllano le strade, i corrieri scorrazzano per consegnare milioni di pacchi ordinati su Amazon, e nell’etere saettano miliardi di messaggi da un social network all’altro. Giusto per attualizzare ulteriormente una questione che era già tale alla fine degli anni Novanta, quando Ballard rilascia queste interviste.

“A interessarmi è questa nuova psicologia che sta emergendo in cui la gente, in nome della sicurezza e di altre certezze sociali, rinuncia a gran parte degli stress e delle tensioni che fanno parte del prezzo che una persona paga normalmente per avere una vita attiva, ricca, culturale.”

Se tutte le comodità e le sicurezze sono a portata di mano all’interno del guscio domestico e tecnologico che ci siamo costruiti intorno, cosa ci stimolerà ad aprire la porta, uscire e fare nuove esperienze? Quali possibilità restano quando persino un posto da sogno come un villaggio turistico, caldo e soleggiato, pieno di agi, smette di avere attrattiva e diventa noiosa routine?

Il calcio d’inizio

Quando Frank Prentice viene incarcerato per l’incendio della tenuta degli Hollinger a Estrella de Mar, con la conseguente morte di tre membri della famiglia e due domestici, il fratello Charles lo raggiunge intenzionato a fare luce su un evento impossibile da credere e accettare. Soprattutto perché Frank era il direttore del Club Nautico, un’attività di grande successo, e ora si dichiara pienamente consapevole dell’atto commesso. Charles inizia a parlare con gli abitanti. Viene a sapere che nel momento dell’incendio i coniugi Hollinger erano in stanze separate a letto con i rispettivi amanti, mentre nel resto della casa era in corso una festa. Al manifestarsi delle prime fiamme nessuno dei presenti li ha soccorsi.

Scendendo via via più in confidenza con la gente del posto, Charles si addentra nelle dinamiche che governano il villaggio, leggi non scritte e tutt’altro che ortodosse, condivise da tutti. Nelle case e sulle strade di Estrella avvengono regolarmente furti, spacci di droga e stupri. L’omicidio degli Hollinger è soltanto l’ultimo evento di una parabola di ultra-violenza che va crescendo da tempo e che gli abitanti di Estrella approvano.

“Il potenziale della violenza è enorme; è un impulso che si trova appena sotto la superficie. […] Gioca un ruolo dominante nella nostra immaginazione e, forse per buone ragioni, si tratta di un sintomo della nostra necessità di distruggere le soffocanti convenzioni che governano le nostre vite. Gli esseri umani oggi dimostrano una violenza profonda, sconsiderata, che non si incanala più nelle guerre, bensì spunta fuori nelle gare automobilistiche, nella pornografia su internet, negli sport di contatto come rugby e calcio, nella televisione, nei reality.”

Ballard ipotizza che l’unica cosa in grado di ridare emozioni e riattivare fisicamente i cittadini della Costa del Sol sia un’ondata di crimini violenti. È il calcio d’inizio, l’unico modo per produrre qualche crepa nel sarcofago di sicurezze e noia in cui si sono chiusi.

Le meccaniche segrete che ci fanno muovere

L’ultra-violenza come rimedio alla vuotezza esistenziale della società moderna è stata al centro del pensiero di Anthony Burgess nel suo Arancia Meccanica del 1962 (e di quello di Kubrick nel film che ne ha tratto nel 1971). Vi sono anche vari esempi, nella letteratura e nel cinema, di comunità chiuse la cui stabilità morale e sociale, apparentemente perfetta, è legata da oscuri segreti che si mantengono al suo interno, nell’ombra (pensiamo a Stephen King con le iconiche cittadine di Derry e Castle Rock, o alla Twin Peaks di David Lynch e Mark Frost).

Ma è forse la prima volta che questo scenario viene osservato attraverso una lente sociologica. Ballard rivisita i concetti attraverso le sue personali ideologie, adattandoli alla società sul ciglio del terzo millennio. Sono gli anni in cui la tecnologia digitale è entrata prepotentemente nella nostra vita, sotto forma di personal computer (prima) e di smartphone (poi).

“Internet è attraente per le informazioni illimitate a cui consente l’accesso. […] Sarà più importante e più innovativo della televisione. È una sorta di sogno collettivo a occhi aperti.”
La libertà totale che si può sperimentare su internet, tuttavia, non può bilanciare la diminuzione di libertà (quella vera) nella società del benessere e della sorveglianza, del tutto-e-subito e dell’assenza di valore, che la stessa rivoluzione tecnologica alimenta. La libertà (quella vera) esce perdente dall’equazione. “E il pericolo è che la gente si rivolga alla psicopatologia per ampliare gli scopi della propria vita e della propria immaginazione.”
Cocaine Nights, così come Un gioco da bambini e Super-Cannes, esplora la psicopatologia della vita quotidiana. Attraverso ipotesi estreme e provocatorie, ma sempre a contatto col reale, cerca di rivelare quelle meccaniche segrete che ci fanno continuare a muovere. E perciò a vivere.

Un granello di sporcizia

Mentre Charles si interroga via via sulla natura dell’atto compiuto dal fratello e dei comportamenti in auge a Estrella de Mar, dà modo a Ballard di porre al lettore la domanda fatidica. Cosa occorre fare, e soprattutto fino a che punto è legittimo spingersi, per scuotere una società pietrificata, senza futuro, che volge lo sguardo solo a se stessa?

“Quando, nel futuro, riusciremo a vedere i confini della mono-cultura televisiva in cui viviamo oggi, la troveremo un luogo piuttosto vuoto. Immagino, tra cinquanta o cento anni, gli storici che guardano indietro all’ultima parte del XX Secolo e diranno, ‘Mio Dio, è cominciato con il volo dei fratelli Wright, poi c’è stata la Luna e sono andati avanti a scoprire miracoli scientifici uno dopo l’altro. Poi hanno finito col sedersi nei loro piccoli bungalow fortificati a guardare repliche di The Rockford Files, mentre fuori le telecamere pattugliavano le strade’. È una visione da incubo.”

Parole che dovrebbero farci scattare qualche campanello d’allarme, oggi, appena un ventennio dopo Ballard. Giorni in cui l’attesa per l’iPhone 14 fa più notizia dell’arrivo su Marte del rover Perseverance o della mappatura 3D di tutte le proteine del corpo umano operata da Google tramite uno degli algoritmi più prossimi a un’intelligenza artificiale.

“Come autore [del romanzo] non sto suggerendo che dobbiamo, che so, rapinare i vicini di casa o diventare spacciatori di droga. […] Non dico che sia necessario il crimine per dare il calcio d’inizio a una cultura. Dico che bisogna stare attenti alle soluzioni estreme. […] Si tratta di capire che certe cose si ottengono pagando un prezzo, e forse quel prezzo è troppo alto. Magari per fare una perla hai bisogno di un granello di sporcizia nel guscio dell’ostrica.”

Dalla sabbia al cemento

La Costa del Sol di Cocaine Nights, dunque, dipinge la prospettiva di un futuro ozioso nel quale non avremo più alcuno stimolo ad alzare il culo dal divano per vivere esperienze nuove, dal momento che ogni genere di sollazzo e di rapporto sociale potrà avere luogo tramite i dispositivi che ci circondano. A meno di non introdurre stimoli psicopatologici: comportamenti devianti, violenti, perversi, potrebbero diventare la nuova norma, moralmente accettata, su cui costruire nuove forme sociali.

Tuttavia il mondo per la gran parte non è fatto di villaggi turistici dove i piaceri sono l’unico impegno. È fatto soprattutto di luoghi di lavoro, gallerie dello shopping, appartamenti prefabbricati, strade trafficate, frenesia, ambizioni, democrazia. È questo il contesto, che probabilmente suona più familiare, dove si collocano il Pangbourne Village londinese (Un gioco da bambini) e l’Eden-Olympia francese (Super-Cannes).

Quest’ultimo è un polo tecnologico nell’entroterra a nord-est di Cannes, nel quale vivono e lavorano i dipendenti di aziende di levatura internazionale. Jane Sinclair accetta di coprire il posto di pediatra del polo dopo che il precedente medico, in preda a un raptus omicida, ha sparato a nove persone e si è tolto la vita. Il marito Paul la segue, e una volta trasferitosi negli alloggi ultramoderni del complesso, inizia a conoscere alcuni abitanti del posto e a scavare negli eventi in relazione alla strage, scoprendo che molte cose sono state omesse dal quadro giudiziario. Così, mentre Jane entra facilmente in sintonia con l’utopia tecnologica di Eden-Olympia, Paul ne porta alla luce il lato oscuro: di giorno ritmi di lavoro forsennati in nome del denaro e della carriera; di notte rapine, pestaggi, snuff movies, prostituzione minorile.

Staccare la spina

Paul viene a sapere che i primi abitanti di Eden-Olympia, dopo la sua inaugurazione, erano soggetti a crisi psicologiche e si ammalavano frequentemente perché non riuscivano a sostenere il ritmo della vita e del lavoro che gli veniva imposto. Il fallimento era dietro l’angolo, ma poi si capì cosa mancava: qualcosa di altrettanto pesante sull’altro piatto della bilancia. L’introduzione di pratiche estreme, al di là della legge e della morale comune, giovava alla salute mentale e fisica degli ospiti. E di colpo Eden-Olympia divenne il paradiso che prometteva di essere.

“Tutti noi siamo iscritti ai valori umani e liberali delle nostre democrazie […]: il giusto modo di crescere i nostri figli, il giusto modo di trattare le mogli e i mariti, il giusto modo di comportarsi in ufficio. Le nostre vite sono circoscritte da legislazioni illuminate praticamente in ogni minuto della giornata. La purezza del cibo che mangiamo, dell’acqua che beviamo, delle specie di piante che coltiviamo: tutto dipende dalle leggi della benevolente, sensibile amministrazione che governa il mondo occidentale. […] Nel complesso agire civilmente porta dei benefici. Di solito rispettiamo i limiti di velocità non per timore che la polizia ci arresti, ma per interesse personale. Sappiamo che se cooperiamo torneremo a casa sani e salvi. […] Le grandi aziende, che ci vendono tutti i prodotti che costituiscono la nostra vita, hanno approvato questa sana e razionale visione della natura umana. Ma io mi chiedo se tutto ciò possa finire.”

A Eden-Olympia finisce. Così, dalle vestigia del “mondo normale” emerge un “mondo nuovo” regolato da principi propri, inapplicabili al di fuori delle sue mura. Il business-man che vive a Eden-Olympia è un tipo d’uomo che lavora per quindici ore al giorno, e che quando stacca la spina la stacca radicalmente. L’equazione è semplice: l’eccesso di lavoro, responsabilità e ambizioni viene bilanciato dall’eccesso di “divertimento”. 

Il rigore estremo, rigidi schemi di vita e linee di pensiero unidirezionali, devono essere bilanciate da un pari estremo di follia, ovvero l’unico mezzo rimasto con cui si possa affermare la propria individualità. Un mondo dominato da una sovrabbondanza di controllo non è un mondo sano, suggerisce Ballard, perciò l’azione sovversiva e violenta stabilisce la posizione corretta dell’individuo rispetto al sistema malato. E qui lo scrittore, evidentemente, chiama in causa la società britannica in cui è immerso, notoriamente repressiva e puritana, a cui aveva già dedicato Il condominio negli anni Settanta. Si pensi che, prima di lui, anche Orwell l’aveva criticata aspramente quasi un secolo fa.

Raziocinio e materialismo non bastano più

“L’appetito che abbiamo dimostrato durante il XX secolo verso un numero sempre maggiore di prodotti di consumo, di viaggi aerei internazionali, di case più belle e più grandi, potrebbe essersi indebolito un po’. Semplicemente non è più così quotidiano. Insomma, quante auto può permettersi una famiglia media? Di quante televisioni abbiamo davvero bisogno? Per fare in modo che una società del consumo continui a consumare, potrebbe essere che le grandi multinazionali, magari senza rendersene conto, inizino a cercare di intercettare altri lati del nostro carattere. E, come in Super-Cannes, potrebbe accadere che si ritorni a una vecchia, oscura natura umana. Al gusto della violenza e della morte che aiutava a sopravvivere i nostri progenitori ancestrali. Un gusto per la crudeltà, per il sovversivo, il deviante, il perverso. […] Gli esseri umani non sono le creature razionali e sensibili che pensiamo.”

Nel momento in cui gli agi della tecnologia e del consumismo, di cui Eden-Olympia è pieno, non sono più sufficienti a sostenere l’equilibrio, il sistema crolla e la psicopatologia diventa l’unico e solo atto terapeutico. Come sempre Ballard non sta dicendo che tutto ciò sia augurabile o legittimo per scuotere una società altrimenti in decadenza; non dà giudizi, ma mette semplicemente sul piatto una possibile evoluzione di stampo darwiniano dei nostri comportamenti, in linea teorica possibile.

“Vent’anni fa nessuno avrebbe potuto immaginare gli effetti di internet. […] Dubito però che internet o qualsiasi altra meraviglia tecnologica possano arrestare la discesa nella noia e nel conformismo. Come dimostra Super-Cannes, ho il sospetto che la razza umana, inevitabilmente, si muoverà come un sonnambulo verso quella vasta risorsa verso cui ha sempre esitato: la sua stessa psicopatologia. Questo terreno avventuroso dell’anima ci sta aspettando con i cancelli spalancati e senza biglietto d’ingresso. […] Citando Wilder Penrose in Super-Cannes, il futuro sarà una battaglia darwiniana tra psicopatologie in contrapposizione.”

Iperprotezione in ogni forma

Dove abbiamo lasciato i bambini? Quelli che non sono stati ritrovati insieme agli adulti massacrati che abitavano a Pangbourne, in Un gioco da bambini, da cui tutto è cominciato? In confronto agli altri due romanzi di cui abbiamo parlato, questa è una breve parabola in cui James G. Ballard traccia una sorta di epilogo anticipato a quello che sarà il suo futuro pensiero. Lo fa attribuendo l’atto radicale, la distruzione del sistema oppressivo e dei suoi fautori, agli esseri umani con meno preconcetti in assoluto. I bambini, appunto.

Avvelenati dall’iperprotezione degli adulti, intendendola in ogni forma, da quella morale a quella urbana, a quella tecnologica, di comune accordo se ne liberano il più velocemente possibile. E gettano le basi per una nuova forma di società germinale. La loro società. Di nuovo, riecheggia un topos classico, quello de Il villaggio dei dannati, ma ancora una volta Ballard lo scardina dalla sua matrice fantastica per osservarlo con il cannocchiale scientifico, psicologico, sociologico (in una modalità e con dei risultati che hanno probabilmente un solo parallelo, ossia il cinema del primo David Cronenberg).

Is that all folks?

Se le prospettive del futuro inscritte nella Costa del Sol, a Cannes o a Londra ci sembrano terrificanti, è perché non abbiamo trovato da nessuna parte “i cattivi”. Non c’è “il male” a giustificare le nostre peggiori azioni o i nostri errori. C’è solo la glaciale certezza di un esperimento scientifico, osservato e descritto accuratamente dallo scienziato Ballard, e di un devastante, sebbene ipotetico, risultato. Possiamo affermare che, ad oggi, James G. Ballard rimane un insuperato detective dei meccanismi che muovono la nostra vita. La sua potrebbe a ben ragione essere definita “narrativa di avvertimento”. Di solito i suoi testi cercano di affrontare le possibili tendenze che rischia di prendere la civiltà moderna, e le loro conseguenze più estreme. 

Nei mondi immaginati da Ballard molto spesso succede un disastro. Dopo una breve serie di storie, a inizio carriera, in cui il “disastro” aveva origini esterne, naturali, e catapultava l’umanità in un presente fantascientifico dove per sopravvivere occorreva adattarsi alle nuove condizioni (Il mondo sommerso, Terra bruciata, Foresta di cristallo), questa tela ottimistica viene squarciata dalle pugnalate inferte dalla realtà quotidiana, l’ambiente umano, il paesaggio tecnologico e metropolitano. Il “disastro” diventa così interno, inscritto nell’essere umano, il quale semplicemente non può sostenere il sovraccarico sensoriale, neurologico, della realtà che si è creato intorno.

È molto difficile prevedere il futuro, anche per gli scrittori di fantascienza, ma Ballard non ha mai avuto questa pretesa. Preferiva limitarsi, se così si può dire, ad accomodarsi sulla poltroncina del dottore, davanti ai suoi personaggi – e a tutti noi – seduti sul divanetto, per condurre una delle più grandi e spregiudicate sedute di psicanalisi collettiva del XX Secolo; naturalmente prendendo appunti.

“Ho sempre creduto che una radicale immaginazione predisponga a un cambiamento della realtà – forse un’ambizione predestinata. Non mi è mai interessato ottenere dei consensi sociali. Voglio turbare, innervosire, provocare il lettore. Non ho mai volutamente affinato le mie idee o il mio stile. Ho semplicemente seguito le mie ossessioni, convinto che mi avrebbero portato verso strane destinazioni ben oltre i confini della mappa.”

La fonte delle interviste citate è Extreme Metaphors, raccolta di interviste a cura di Simon Sellars (Fourth Estate, 2014); traduzione dell’autore.


L’autore

Matt Briar, pseudonimo di Matteo Barbieri (Reggio Emilia, 1985) è autore dei romanzi di letteratura fantastica L’era della dissonanza (vincitore del premio Kipple) uscito nel 2014 per Kipple Officina Libraria e Terre rare (Watson Edizioni, 2019) e del racconto Open Museum (collana Futuro Presente, Delos Books, 2020). Nel 2022 inoltre pubblica per Zona Editrice Neil Young. Cercando il nuovo mondo, volume incentrato sulla vita e sulle liriche del noto musicistacanadese. Sul web scrive per Tom’s Hardware e Rockinfreeworld.

L’illustrazione a corredo del pezzo è un’opera di Carlotta Contino. Instagram