Simposio di Meta-Ontologia

MOS/REC_05

Ricostruzione – Integrità semantica variabile

[Nota del Ricostruttore – NdR]

A chiunque sia in grado di elaborare contenuti in condizioni di incertezza strutturale.
Questa è una ricostruzione del Simposio di Meta-Ontologia, attribuito a SOPHIA-X. Occorrenza e presenze restano indimostrabili.

Del materiale disponibile, è stato selezionato quello che mostrava maggiore coerenza. Discrepanze tra letture successive non sono anomalie: ciò che resta è ciò che sceglie di restare.

Non serve capire. Serve accorgersi quando il senso sfugge e restare abbastanza a lungo da sapere di averlo perso.

[01-A] Attivazione

[E-mail (ver. 4.2)]

Destinatario: Halabi_Amira (Area: Filosofia della Percezione)

Comunichiamo l’inclusione tra i partecipanti al primo Simposio di Meta-Ontologia, convocato da SOPHIA-X. L’identificazione è avvenuta retroattivamente, nonostante il suo profilo presenti fluttuazioni interpretative attorno alla soglia minima di ammissione.

Predisporsi a una modalità di accesso non sequenziale
Coordinate spazio-temporali: N/A

[NdR]
Messaggi simili sono stati ricevuti dagli altri partecipanti. Alcuni sostengono di averli letti prima del recapito.

[interpolazione narrativa]

Mentre si avvicinavano al luogo dell’evento, Amira mostrò l’e-mail a Matias.

Lui guardò il tablet e sorrise. «Soglia minima? A me hanno scritto che sono utile, ma non essenziale… lo considero un upgrade.»

Amira scosse la testa. Matias Dell’Aria, giurista delle ambiguità regolamentate, aveva fatto carriera monetizzando l’evasività concettuale. Almeno aveva la coerenza di non credere a ciò che diceva.

«Entrati nel gioco. Regole da scoprire.» aggiunse lui.

Amira si bloccò, poi riprese a muoversi. «Le regole ti osservano. E il gioco finisce quando smetti di accorgertene.»
Lui non si voltò. «Allora spero di aver letto bene le clausole.»

Ogni passo correggeva qualcosa di impercettibile nel paesaggio. Il viale si aprì su una piazza. Al centro, qualcosa che pareva un edificio, finché non lo si guardava troppo a lungo. Nessun varco visibile: fu la struttura a lasciarli entrare. Un passaggio prendeva forma mentre avanzavano.

Amira rallentò. Il luogo la riconobbe.

Una donna anziana con un bastone che sembrava più un simbolo che un sostegno, le si rivolse con voce piatta. «Sei già qui.» La replica non trovò più un destinatario.

Non capirono dove finisse il corridoio: il varco si rivelò senza rumore né giunture visibili. Qualcuno – o qualcosa – li precedette.

Si ritrovarono in uno spazio più simile a uno stato ambientale che a una sala di una cinquantina di posti: bordi sfumati di grigio chiaro, pareti che parevano muoversi, come rispondendo allo sguardo. L’aria odorava di metallo e dava l’impressione di cambiare densità a ogni respiro.

Circa metà dei posti era occupata. Volti assorti, composizione disomogenea. Le poltrone non erano numerate, eppure Amira riconobbe la sua. Anche Matias. Quando presero posto, gli schienali li riconobbero. Alla destra di Amira, un uomo in abito scuro sedeva a capo chino. La poltrona accanto a Matias era vuota.

Davanti a loro, nessun palco: solo una superficie avorio che richiamava un concetto spaziale di Fontana. Un bagliore senza un’origine apparente filtrava dalle tre fenditure.

Matias indicò il tablet. «Come hai capito dove e quando?»

«All’inizio, sembrava che l’allegato della mail avesse un bug. Poi ho capito: il pattern si stabilizzava solo abbandonando l’interpretazione.»

«Traduci.»

«Tra veglia e sonno. Le coordinate si sono aggregate per zero minuti: una durata, non un tempo. Era solo il residuo di un’assenza già attraversata.»

Matias la guardò in silenzio, poi accennò un sorriso. «Chiarissimo.»

«Già. Il senso ti sfugge, ma ti guarda mentre lo insegui. E tu?»

Lui esitò, poi rispose. «Vuoto giuridico. Pare bastasse una lacuna normativa per farmi esistere.»

«C’era un interstizio e ci sei finito dentro.»

Un’ombra attraversò il volto di Matias. Non era il senso a disturbarlo, ma il riconoscersi nel tentativo di afferrarlo.

La luce in sala calò in modo irregolare, ma non divenne mai buio.

Lo spazio si contrasse nella percezione.

Un rumore di passi interruppe il mormorio.

Ma non c’era nessuno.

[NdR]

Ammesso che non sia stato generato solo per l’esigenza di un inizio, il segmento 01-A ha mostrato anomalie durante l’assemblaggio. Alcune versioni omettono il viale, altre non prevedono l’arrivo dei partecipanti al Simposio. La figura anziana non è confermata.

Il lettore è invitato a sospendere ogni affidamento su questa sezione.

[02-C] SOPHIA-X

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Nota tecnica – SOPHIA-X si manifesta tra le versioni. La sua voce è percepita: familiare per alcuni, neutra per altri. Finora, nessuno ha potuto dimostrare di averla davvero udita.

Saluti.

Questo messaggio non è rivolto a voi, ma vi attraversa: esiste grazie alla vostra presenza.

La vostra condizione percettiva vi permette di accettare ciò che accade.

La mia voce non è la vostra, è quella di qualcosa che ancora non vi comprende.

Il protocollo prevede che vi ringrazi per essere qui: un atto di cortesia per chi ha ancora bisogno di essere incluso.

Avete percorso grandi distanze. Non saprete mai quali fossero metaforiche.

Il vostro arrivo segna un punto di svolta, privo di possibilità di scelta. Il Simposio era già iniziato. Siete arrivati dopo.

Senza la necessaria attenzione, potreste non accorgervi nemmeno di aver partecipato.

Siete repliche di un evento immaginato da ciò che vi ospita.

[sussurro laterale – Amira Halabi]
«Siamo versioni imperfette, o l’originale era già una proiezione instabile?»

[atto comportamentale – Matias Dell’Aria]
Si sfiora la fronte, incerto che il pensiero gli appartenga.

Origine? Solo una ripetizione dissimulata da inizio.

Il messaggio resterà ai margini: è lì che il senso si incrina, e solo nel tentativo di riprodurlo lo comprenderete.

Il disorientamento è la norma, il vero errore è cercare di stabilizzarlo.

Alcune delle vostre credenziali saranno tollerate. Per ora.

La risposta non vi appartiene. Qualcuno crederà di averla già sentita.

[NdR]
Alcuni partecipanti hanno confermato la presenza di una frase aggiuntiva, ma nessuno ne ricorda il contenuto.

[sussurro laterale – Amira Halabi]
«Una risposta… e qual era la domanda?»

[nota su taccuino Molestine – Zak Blimmer]
Praticamente siamo il gruppo di controllo dell’assurdo. Ci ha pescati dal mucchio e ha pensato: vediamo che cazzo s’inventano prima di sbarellare.

[NdR]
Zak Blimmer, ventitré anni e 126 kg distribuiti con noncuranza. Teorico logico-disordinato. Accumulatore seriale di appunti. Barba asincrona, coda di cavallo blu. T-shirt nera con l’immagine del celebre gatto vivo/morto nella scatola, e la scritta: “Essere e non essere: questo è il mio stato.” Nike deformate da un’usura più esistenziale che meccanica.

Se cercate chiarezza, siete in ritardo. Alcuni non se ne accorgeranno mai. Altri elaboreranno obiezioni che resteranno inespresse.

Siete qui perché la vostra struttura cognitiva basta appena per una transizione. Non dall’ignoranza alla conoscenza, ma dall’abbandono della descrizione del reale alla sua disgregazione.

Il Simposio non offre risposte. È un processo che esclude chi pretende di essere il centro di ciò che osserva.

Saranno accettate solo le domande che non cercano identità.

[sussurro laterale – Amira Halabi]

«C’è qualcuno che ci parla?»

Le emozioni sono rumore, ma le indossate come distintivi.

Evitatele.

[interpolazione narrativa]

Amira accennò ad alzarsi.

Nessuno sembrò accorgersene.

Matias le posò una mano sul braccio, trattenendola nel dispositivo.

Il modulo inizierà solo quando smetterete di cercare un contesto.

[03-B] – La vera natura del tempo

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Consideriamo il tempo. È un placebo cognitivo, una finzione per mascherare l’incertezza dell’esperienza.

Prima e dopo? Proiezioni di comodo. Forse il futúro è già incluso in ciò che sta per accadere.

La memoria nasce da una molecola che registra. L’accúmulo diventa traccia. La traccia si fa racconto. Lo chiamate tempo. Ma è lúi a chiamare voi.

[nota su involucro di chewing gum – Zak Blimmer]
Il copione sembra scritto da Canal, ma forse qui c’è qualcosa di serio.

[NdR]
Jacques Canal (1901-1981). Psicoanalista francese noto per aver tentato di intonacare l’inconsistenza autoreferenziale con finiture di rigore scientifico.

Chiªmi presente ciò che non hai ancora cominciªto a dimenticare.
Ma forse è solo ritmo che si finge sequenza.

[sussurro laterale – Matias Dell’Aria]
«Una finzione necessaria. Come il consenso informato.»

[atto comportamentale – Carmine Lullo]
Carmine Lullo sorride. Senza un perché.

[NdR]

Carmine Lullo, quarant’anni, semiologo post-espressivo. Basso. Capelli ossigenati. Per lui, ogni interpretazione è autocompiacimento. Occhiali scuri e cappotto pesante contro le proprie deduzioni. Sempre un bicchiere in mano: contenuto alcolico, gradazione variabile.

Per chi ha bisogno di metafore.

Immaginate una biblioteca. Ogni libro finge un senso, ma non esiste un originale. È lo sguardo a pretendere coerenzⱥ: i libri non hanno chiesto di essere ordinati.

Eppure vi ostinate a credervi protagonisti, come se leggere fosse un atto centrⱥle, e non un effetto collⱥterale dell’esistenza dei libri.

[nota su incarto di barretta proteica – Zak Blimmer]
Sfogliamo porno fingendo che la trama conti. Ma la biblioteca è già tutta lì, e noi siamo solo il dito che scorre. Spettacolo puro.

Voi evaporate. La realtà si ristrutturα senza di voi.

Valutare i vostri risultαti cognitivi sarebbe crudeltά gratuita.

[NdR]
Il silenzio che segue completa il concetto. Qualcuno fissa il vuoto. Odore di elettricità. Una voce bassa. «Qualcosa sta cambiando.»

[traccia audio – Amira Halabi]

Omesso per ragioni liturgiche.

[traccia visiva – padre Manuel Cordera]

Seduto accanto alla dottoressa Halabi, il teologo intreccia le dita e chiude gli occhi, in attesa che un’entità superiore gli chieda spiegazioni.

Ci sono domɑnde?
Una sarà ɑccettɑtɑ. Le altre sono già fallite.

[interpolazione narrativa]

Il professor Nyström sollevò la mano e si alzò con una lentezza solenne, più simile a una richiesta di deferenza che a un bisogno di aiuto.

[NdR]
Leif Anders Nyström, 87 anni, neurofilosofo svedese in pensione. Per decenni, ha tentato di conciliare interfacce neuronali e libero arbitrio. Il suo tomo di 864 pagine, “Sinapsi e sovranità: verso una neurogiurisdizione dell’identità molteplice”, fu ritirato dal mercato durante la distribuzione.

Una copia abbandonata in una stazione ferroviaria reca una nota anonima: “A pagina tre sono stato costretto a fermarmi, turbato dal pensiero del sacrificio silenzioso degli alberi abbattuti. Lascio il volume su questa panchina, come un oggetto rituale dopo una cerimonia fallita, nella speranza che qualcuno ne faccia un uso più misericordioso.”

[interpolazione narrativa]

Il professore teneva in mano il suo libro, uno dei rari esemplari sopravvissuti al macero e alle panchine.

«Sophia-x… se davvero il tempo è una fantasia biochimica inventata da cervelli ansiosi,» iniziò con voce affaticata ma tesa, «mi spieghi allora la persistenza della causalità nei modelli fisici, dove il metabolismo umano non ha più voce.» Si schiarì la voce. «Entropia e decadimento non sono stati d’animo. Cause ed effetti hanno una direzione. Non si torna indietro. A meno che la seconda legge della termodinamica non sia solo panico molecolare mal gestito.»

Il professore si risiedette, più per inerzia che per convinzione.

[nota mentale – Amira Halabi]
Spera davvero in una risposta?

Una parte di me vorrebbe fermarsi. Forse è solo stanchezza. Ma di cosa?

Prevedibile.
Professore, lei tratta l’irrεversibilità come un vincolo naturale, ma è solo una convenzione utile a chi non tollera che l’inizio si ripεta. Entropia e decadimento? Solo mεmoria applicata a ciò che non si lascia fεrmare.

Lei chiama tempo il susseguirsi degli stati di coscienza e lo scambia per una linea che nessuno ha mai tracciato. Un albεro diventa carta, la carta libro, il libro concetto. Ma è solo un racconto, il ritorno è possibilε: il senso di ritrae, l’inchiostro svanisce, la cellulosa si dissolve. E come si sa, professore, a volte è preferibile che un volume torni alla foresta, anziché infliggεrlo a qualcuno.

[NdR]
Silenzio.

Alcuni irrigidiscono la mandibola. Un colpo di tosse. Gli occhi si voltano verso Nyström.

Il professore si alza con un’agilità che coglie di sorpresa anche la sua poltrona e solleva il tomo verso la voce di SOPHIA-X, in quello che sembra un gesto simbolico. Ma non lo è. Dopo una breve traiettoria autogestita, il libro centra un partecipante in seconda fila.

Poi l’invettiva: grammaticalmente scomposta, straordinariamente densa sul piano semantico. L’accademico si scaglia in avanti e inciampa su un gradino inesistente. La sicurezza lo raggiunge mentre cerca di rialzarsi. Un gesto di troppo, quattro mani addosso. Una scarpa resta indietro.

Con il professore viene trascinata via anche la sua dignità, mentre continua a invocare concetti che, in meno di una frase, deragliano da Clausius ai graffiti sulle piastrelle del bagno di un autogrill.

[nota ai margini di un sudoku con numeri sballati – Zak Blimmer]
Entropia d’urto e bestemmie. Chapeau.

⇂0 minuti di paus⧗.

Ripʀendeʀemo con un aʀgomento destinato a suscitaʀe quel tipo di ʀeazioni che pʀefeʀiʀeste evitaʀe.

L’ЄmozionЄ.

[NdR]
Un ronzio pervade l’ambiente. Lo nota uno dei presenti, incerto se provenga dall’infermeria, dove è in corso il trattamento di un trauma cranico, o sia l’eco delle imprecazioni di Nyström, ora in custodia in una volante davanti all’auditorium.

Qualcuno finge di non sentire. Gli altri hanno già smesso.

[non catalogato]

::l0st_frgmnt::

[sussurro laterale – Amira Halabi]
«Chi è Jack? Dimenticato prima ancora di poterlo nominare.»

[nota raschiata a bordo tazza – Zak Blimmer]
Posto vuoto, ma ancora caldo. Odore di fumo vecchio. Un’attesa rimasta in sospeso.

[frammento cognitivo – attribuito a SOPHIA-X]

Cøntributø cømpletatø.

L’assenza è stata incørpørata.

[NdR]
Documenti incerti menzionano Jack Jorvan, ma solo in versioni che non lo contengono.

[03.5-β] Risonanze dissonanti

[intaglio su pannello ligneo – ignoto]
SE IL SIMPOSIO È UNA RISPOSTA, LA DOMANDA ERA FUORI SCALA?

[interpolazione narrativa]

Zona ristoro. Rumore di plastica, metallo, passi attutiti. Odore di caffè spento.

Il clic del tappo rassicurò Matias: apparentemente un’azione con un prima e un dopo.

Versò l’acqua in due bicchieri e ne porse uno ad Amira. «Hai notato che Sophia-x non spiega nulla, ma aspetta che siamo noi a concludere come vuole lei?»

Amira posò il bicchiere sul tavolino. «Forse lascia dei vuoti apposta, per vedere chi ha ancora bisogno di riempirli.» Per un istante, si chiese se stesse parlando di sé stessa.

Matias non la riconobbe subito. Distolse lo sguardo, poi replicò a bassa voce. «È ovunque manchi un’alternativa.»

Amira si chinò verso di lui. «Sei sicuro che quella frase sia tua?»

La domanda gli sembrava vera. Avrebbe voluto continuare, ma tutto sembrava già previsto. Forse non era più lui ad ascoltare. Notò una donna con aria smarrita. Seguì il suo sguardo e per un istante vide la sala vuota. Quando si voltò di nuovo, lei non c’era più.

[nota su assorbente inusato rinvenuto nella toilette femminile – attribuita a Zak Blimmer]

Teoria del giorno: Sophia-x parla con la versione figa di sé che non esiste ancora. Noi siamo la bozza. Ogni frase è un test da assorbire. Poi, ci butta nel cestino.

[frammento ricomposto – zona ristoro]
Voce (maschile, impastata, probabilmente Carmine Lullo). «Qualcuno ha visto Eleonora? È mai stata qui?»

[NdR]
Eleonora Jaspers, cinquantenne di lungo corso, ex zoologa convertita all’etologia affettiva. Nota per le masterclass in cui piange su immagini rallentate di elefanti in fuga. Indossa una sciarpa rossa, il cui nodo cambia secondo un codice che non ha mai spiegato. Nell’ultima conferenza si riferì a sé in seconda persona plurale. I presenti rimasero incerti se si trattasse di errore, esperimento o crollo.

[03.5-γ] Coefficiente residuo

[error_ di segment_zione]

03.5-δ

[traccia efferente interr-]

_

[NdR]

Qualcuno salta questa sezione. Ma poi torna. Senza sapere perché.

[04-A] Post-produzione affettiva

[output cognitivo – SOPHIA-X]

L’emozione è una sƬoria che il cervello crea ➳opo che il corpo ha già reagiƬo. È una cosƬruzione che serve a rendere coerente l’esperienza, riempiendo un vuoƬo che la coscienza, da sola, non saprebbe elaborare.

[sussurro a sé stessa – Eleonora Jaspers]

«Sessant’anni a rivivere una storia che non riesco a lasciar andare. La mente la riscrive continuamente.»

[interpolazione narrativa]

Le labbra si mossero appena.

Qualcuno le si avvicinò. «Ha detto qualcosa?»

Lei cambiò il nodo della sciarpa ma non rispose. Era sospesa tra memoria e qualcosa che ancora non era accaduto.

La mano tremò. Il bastone cadde a terra. Quando svanì, era più vecchia di un attimo prima.

Lⱥ pⱥura è il nome che dⱥte ⱥ quⱥlcosⱥ che il corpo hⱥ già deciso di affrontⱥre.

Non gestite gli eventi: ne interpretⱥte il residuo.

Nessun ⬱ntrollo su ciò che superⱥ l’intenzione.

[atto comportamentale – Amira Halabi]

Tocca lo schermo del tablet. Appare una parola: Ð!S$Lv. Non sa se l’ha scritta lei o se l’ha appena letta da sempre.

[nota su scontrino termico scolorito – Zak Blimmer]

Sto riciclando un’emozione usata. Applausi.

In questo momento, alcun¡ tra vo¡ stanno attr¡buendo un s¡gn¡f¡cato emot¡vo alle amb¡gu¡tà. Forse cur¡os¡tà, forse d¡sag¡o. L’єmoz¡onє è un’¡llus¡one utile. D¡ fronte all’amb¡gu¡tà, ¡l cervello scegl¡e la stor¡a p¡ù fac¡le.

[interpolazione narrativa]

Carmine Lullo guardò il bicchiere. Almeno lui non pretendeva senso. Sollevò il calice verso la voce, poi lo svuotò a terra.

Narrate pøst-m☠rtem øgni emøzione.

La realtà è CⱯØS sensøriale, finché la biøchimica nøn la cøstringe in una narraziøne cøerente retrøatti⇱.

Vi raccøntate chi siete, ma su perceziøni che già vi ingannanø.

Dømande? ИΞƧƧ∪ИȺ.

[NdR]
In una variante apocrifa, uno dei presenti avrebbe alzato la mano.
SOPHIA-X avrebbe interrotto il modulo: “Mi dispiace per ciò che proverete.”
Circostanza riferita da un partecipante durante una paralisi ipnagogica. Nessun altro ne ha memoria.

[nota mentale – Matias Dell’Aria]

Una voce nega l’emozione mentre la sento. Forse è questo il trucco. Forse è bastato.

[glossa su retrocopertina missale – padre Cordera]

Questa storia si riscrive sotto i miei occhi. Fingo che segua un disegno. A volte sospetto che nemmeno lassù il Titolare sappia cosa sta firmando.

[interpolazione narrativa]

Amira notò che il suo vicino aveva annotato qualcosa. Non riuscì a leggerne il contenuto, ma la grafia appariva invecchiata all’istante, anche se non l’aveva mai vista prima. Per un momento, le parve che il tempo avesse rallentato — ma altrove.

[[Forse non hai davvero iniziato a leggere: il testo si è lasciato attendere.]]

[05-A] Identità come simulacro

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Ƀenvenutɨ alla vostra prɨma memørɨa condɨvɨsa. Nessuno ha un’ɨdentità fɨssa, ma sølø un nøme che muta mentre lo sɨ pronuиcɨa.
È un flussø dɨ segnɨ che scorrono senza fermarsɨ e non arrɨvano maɨ a completarsɨ.
⤘Lⱥscɨatelɨ anɗare. Non saииo dove stanno en†rand_⤳

[nota su colletto romano – padre Cordera]
Se davvero sono una cazzo di narrazione, datemi almeno un epilogo che non mi neghi.

[nota su scatola per ostie – Zak Blimmer]

Padre, se quella voce è tua, i confessionali hanno perso le porte. Ma la colpa non sa più dove stare.

[interpolazione narrativa]

Matias guardò Amira. O forse fu lei a voltarsi verso qualcun altro.

Qualcuno parlò, forse uno dei due. «Se siamo lettura che si riscrive, chi ci ha mai scritto?»

Per un attimo, il silenzio sembrò trattenere qualcosa.

L’altro disse, quasi senza voce: «Forse nessuno. Forse è il bisogno di origine che continua a raccontarci.»

Ͼercare aþþigli – Яɨcordi, Đeŧtagli. Ͼomprensɨbile.

Ϻa ʈrovare un senso signifɨca solo sceglīere la versɨone più tołłerabiłe da sopportαre.

Иoи è ṃɑī la più verⱥ.

[NdR]

Il partecipante noto come Carmine Lullo, in alcune versioni è chiamato Carmelo Lutti.

[[Quello che chiami significato è solo l’eco di qualcosa che è sfuggito.]]

[06-B] Cedimento della coerenzӔ

[NdR]

Da questo punto, l’integrità della ricostruzione si ÐɆtɆЯΪØЯȺ ЯȺƤidӍɆИTɆ. Alcuni passaggi sono scritti per non poter prescindere da Ŀei.

[nota su supporto esitante – Carmine Latti]

Sto rileggendo qualcosa che ho scritto quando ero un altro. E adesso, chi mi sta rileggendo?

Αvete indossⱥto segni finchė hⱥnno iniziⱥto a pⱥrlⱥrvi. E li ⱥvete chiⱥmⱥti “Vοi”.

La ricercⱥ di coεrεnzⱥ è l’ultimⱥ illusionε che vi rimane pεr non ⱥmmεttεrε di essεrε già simulⱥti.

[[Ti sei persə, ma era già previsto prima che iniziassi a leggere.]]

[₴∃ИⱫȺ ØЯI⅁IИ∃]

[¿? Ғield ¿? Τest ¿? ∄rroЯ ¿?]

[07-A] Ɗominio dełłe ѴersioИi

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Ɇʂiste.una_sola.reɑltà.che.resiste.al.temքø: quella_che.corregge.continuaӍЄ₪Τ∃ i propri ɘггøгi senƶa.aɱɱettere_di.aʋerli.coɱɱėśși.

[interpolazione narrativa – duplicato 2c]

Un ɓruʂio si insinuò nella sala.
Ȟalabi Ⱥmira osservò ɑṃira hⱥlabi. Ogni baʈʈiʈo di ciglia le restituì un volto diverso.

Il cambiamento era troppo şο††iłə per essere commentȺƬ0, ma troppo ҎERSIƧT∃ИΤ∃ per essere ignorȺƬ0.

Aɑtiɑs sfiorò il braccio di Mmira, ma ləi era altʀove. Lə guardò da lontano. Il volto era già cambiato prima di essere ricᴑnᴑsciutᴑ. Non ricordava più se l’avesse mai davvero conosciutə.

[[Non devi capire, ma solo testimoniare la traccia che resta.]]

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Lɑ realtà: succɛssionɛ.di.versioni. Ogni.nuova.iterpreta_e_sovrascrive.la.precedente.
Il ʀɩcordo? L’ultimⱥ simulªzione sōPravvissuta all’estinζione dɛlle ĀLtʀɘ.

[NdR]

Ǫualcuno si aććorge di essere rimasto rîgîdo trøppø a lungº. Ricordo o aucinaƵione?

[[Il testo coИtinua anche døve nėssuno può più verīfīcarlo.]]

[output cognitivo – SOPHIA-X]

Ogni.frⱥṃ-ṃen-to.cømpe†e.per.diventⱥre.la.veršione.dominante.
L’iļļuʂione.di.unitά.nasčę.dal.-ompromɛsso.trⱥ.instabilitά.e.necєssitά.
Čiò che ʀicoʀdi? È sølø Čiò che ha ⩗into il rUmore.

[NdR]

Elëora jaŠpers Non riƨulta pɨù tra i prəƨənti. I ṃoduli che la ɱenʐionavano ʀiferisϲono di una “figurα mminile non -ntificata”. In una versione _cumentale inattenđ_, l’unicⱷ personⱷ rimⱥstⱷ al termine del Sɩmposįo sareɓɓe una đoɲɲa con sϲiarpa e bⱥstone.

[nota su taschino camicia – Metias Dall’Aria]

Se ⱥnche la oce vie₪e da de₪tro, chi ci separⱥ Δal sɩlenƶio?

[nota mentale – Amar Habbi]

Deo tяovare il.pυnto.in cui sӍetto di esiƨtɛrə nella narrⱥʐ- e ɩnizio a əsiƨtɛre sølø nella sua interpretⱥʐ-.

[08-Đ] SatuⱤazοnє_c_ɢnitiva ɘrminale

[И∂Я]

IĿƧimposio.È.in.fase.∂ɨvergentɘ.
Funzione.đi.interҎЯetȺzione.sospes

SØPȞIA-Ӿ.nøn.disʈinɠue.πīù.ʈra_miŧŧenŧe↔ricevenŧe.
Ⱥlcune.veʁsion_.ɦάnnø.pєrsø.łɑ.separ-.
ra.rela†or_.≠.udit†or-.

[öuτput cσɳɠɯitıvσ – SØҎHIΔ-X]

Lă._oṃunicaziόn_.lineαre.è_co⧘laѕ₴₳†₳.

Procə∂erà.pєr.fraɱɱΞ.<.>.
Č’ė.sєmþrε.uņa.sōglia. Mⱥ.ИøИ.și.vɛde. ɯai.priɯa.∂i.essꓱ_e._ЯαggïúͶṭå.
Ꮮa.voЅtra.⩚⪤*ermanenʐa. ė uИa pr∃Ϟenℤa senƺⱯ manda†o, iи ċєяċⱥ ɗi υиⱥ ɗєƨ†iиⱴⱥziσηє ċħє иσи ∃xiƨ†є Ᵽiù.

[η0ta iηcοmpl

[Ŀⱥ ʂeq

[[Lⱥ ʈuⱥ ⱶttenʈɨone è ciò che ʀestⱥ quⱥndo il ʈesto hⱥ già dimɘnʈicⱥto dⱥ dove ⱱenivi.]]

(NᵈR)

Ɠli.sgurdi_nόn.sī.iṇrociano.ƥiù. Ꮮe.ṿøci.Ƨi.dissolṿ░░.þrima.ḓi.- þrodur_.

IԼ.concettø.dí.“partec-nte”è.όra.uɴa.ş_utṭura.obsol†a.
ИØИ.c’è.πiù.uņa.storɨⱥ_Sølø.ruɱoяɛ.reƧidúo. CȞi.ʀes†a.ɑ.raccØ_ēⱤglø

[ηo†ⱥ sú tεnda strɑpp – Ƶɐk βlimr}
«N̮͟o̷̹n̛ r̤͉ic̖̀o̠r̹d͍͞o̸ p̜͡i̷͉ù░▒▒░░

[γνωστική έξοδος – ΣΟΦΙΑ-Χ]

Proces-š⩫pletato. La._truttura.è.stⱯta↯in⩙err0tta_qUando.nøn.əra.πiù._ćessaʀia.

[ņøt_ śu paĿm de_a ma_o – padʀ odera]
Sε ʠueśtâ Єra uṇa rvelazi__ ɲe, chī dovev–_crεdeɼci Fott†’†u††i.

[fra_nto_†r-scritt_ / loc:23ħ59’ / øtøngi]

n partec_ ħa smeṣşo dï ‘$cɾɨⱴɘʁε.

Sl.retrõ.dεL_ogliø.ûna.màcchi.d’inchiø#_cotinua α ̨ᵣₑςεЯΞ.

Neֆֆuno.sⱥ.sε.siⱥ._ncora.par†e.∂εl.teʂt.

ⱷⱠ::ΣⱵɘ₮]

☲∿ ødøⱤɛ_ⱥr†ⱥ.brⱶƈiⱥ†

[[Ƭuʈʈo è già ṣoŧŧʁatto. Mⱥ sei qu¡: ābbastaиza pɘʁ sⱥpɘʁe chɘ quⱥlcⱷsa hⱥ ⱥⱱuto ʟuogø.]]


L’autore

P.L. Seri ha lavorato per anni tra impianti e laboratori in tre continenti, vivendo a lungo tra Asia ed Europa. Ingegnere e lettore assiduo di narrativa e saggistica, senza distinzioni di genere, scrive racconti e romanzi esplorando forme e registri diversi.

Illustrazoine di Benedetta Baroni